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Sulla parte anteriore della statuetta è incisa, dall’alto in basso, partendo dalla regione claveare destra fino alla base del mantello, una iscrizione di dedica: selvanzl enizpetla “di Selvans Enizpeta” (fig. 17).
Lo schema iconografico (ponderazione, atteggiamento, movimento della testa verso la sua sinistra) riprende quello di un più accurato bronzo fiorentino datato nella seconda metà del III sec. a.C. (BENTZ 1992, p. 139, tav. XLVI, fig. 263); diversa la trattazione dei capelli e più raccolto il mantello, che nell’esemplare fiorentino scende ben oltre la linea delle ginocchia. Il volto può ricordare invece quello delle figure giovanili raccolte nei gruppi 28-30 di BENTZ (cfr. ad es. BENTZ 1992, tavv. XXXVIII-XXXIX), e richiama, in particolare, per l’accentuazione dei tratti pur entro un contorno più allungato, quello della cosiddetta “ombra della sera” di Volterra, datata alla prima metà del III sec.a.C. (CRISTOFANI 1985, p. 275, n.75, fig. a p. 180). La capigliatura a grandi ciocche che scendono da una tenia sottile che stringe alla base una calotta cranica liscia trova i migliori confronti, più che con le teste radiate delle serie del II sec. a.C., come vuole Bentz (BENTZ 1992, p. 200), in una finissima statuetta, di provenienza sconosciuta, oggi a New York (BENTZ 1992, 30.3.4, tav. XL, figg. 227-228), databile intorno alla metà del III sec. a.C. Un confronto può proporsi, per la ponderazione, la trattazione dell’anatomia nonché per la forma del volto e la capigliatura, anche con la probabile figura divina (Selvans?) del bronzetto fiorentino BENTZ 1992, p. 202, Tav. XLIX, fig. 277, forse già del II sec. a.C. Una certa pesantezza della trattazione anatomica può suggerire una datazione del bronzetto volsiniese nella avanzata seconda metà del III sec. a.C.
La statuetta è stata giudicata raffigurazione del dio Selvans da Martin Bentz (BENTZ 1992, p. 200), sulla base del confronto con un bronzetto da Carpegna (CRISTOFANI 1985, p. 273, n. 65, fig. p. 172); l’ipotesi, pur non fondata su elementi particolarmente solidi, appare suggestiva.
L’iscrizione dichiara che il bronzo è proprietà del dio Selvans Enizpeta. L’epiteto Enizpeta (letteralmente “quello Enizpe/Enispe”) rimane tuttora inspiegato. La paleografia dell’iscrizione, caratterizzata dalla forma di tau e di zeta con traverse non secanti a destra dell’asta, dichiara che l’iscrizione è stata redatta in una zona dell’Etruria centro meridionale (Tarquinia, Vulci, Volsinii), mentre l’uso di zeta per indicare la sibilante continua /s/ chiarisce che l’epigrafe è stata realizzata a Bolsena, confermando con ciò la provenienza dichiarata dal donatore dell’oggetto.
La attribuzione ad ambiente volsiniese del bronzista e dello scriba non può non chiamare in causa, come possibile luogo dove la statuetta è stata dedicata, l’importante santuario nel quale il dio Selvans doveva avere un culto, cioè quello del Pozzarello, la cui esistenza fin dai primi tempi della fondazione della città è accertata (ACCONCIA 2000). Il cippo con l’iscrizione di Selvans Sanchuneta, rinvenuto nei pressi del recinto sacro, costituisce un buon indizio per sostenere l’ipotesi che il dio fosse onorato, con un diverso epiteto, anche all’interno del santuario, la cui titolarità rimane comunque riservata a una divinità femminile.
COLONNA 1971; BENTZ 1992, p. 200; CIE 10870, tav. XLIV.
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